Arduo a credersi, ma questa vecchia fotografia rappresenta l'interno della chiesa di Santa Cristina! La navata centrale, le colonne, l'abside... tutto appare deturpato da interventi di «folle» restauro operati a partire dal 1793 sorto l'impulso di un «modernismo», per noi oggi incomprensibile. Scrive «La Tribuna Illustrata» del 31 dicembre 1911: «La cieca ignoranza di chi avrebbe dovuto mantenere religiosamente conservate le bellezze di questo tempio nei tempi passati, fece sì che esso venisse ignobilmente deturpato».
La volontà di ristrutturare internamente la chiesa di Santa Cristina secondo canoni barocchi muoveva dal Clero, dal Magistrato e dalla Cittadinanza, essendo tutti stanchi, come afferma il Dottarelli, «di vedere dentro la collegiata tutte quelle anticaglie che la facevano parere un museo». Non piacevano le colonne che non erano tutte simmetriche: avevano forme di dimensioni diverse, alcune avevano le basi, altre no; anche i capitelli erano diversi l'uno dall'altro, scolpiti con strane figure di uomini e animali, tra intrecci di motivi ornamentali floreali. C'erano anche alcune colonne di granito rosa, residui di costruzioni romane; poi un seggio di marmo, il sarcofago istoriato con le storie di Ercole, sorretto da colonne di granito rosa e ancora il vecchio pulpito di pietra scolpita e busti, statuine, cippi e epigrafi...
Il 7 agosto 1797 il Gonfaloniere Francesco Zampi incaricò il «perito muratore" Antonio Gatti di stendere una perizia, dalla quale risultò la necessità di: guastare tutti i capitelli e, stuccandoli, portarli tutti allo stile dorico; scrostare le colonne e rifarne la stabilitura; ridurre di dimensioni quattro colonne per esigenza di simmetria con le altre; tagliare da cinque colonne le basi, di modo che tutte le colonne fossero senza base. Se una delle voci di questa perizia parla di «scrostare» tutte le colonne, ciò significa che già da qualche tempo le colonne erano intonacate, probabilmente dal 1793, anno in cui fu costruita la fragile volta della chiesa.
Nel corso degli anni era subentrato nuovamente nell'animo di tutti il desiderio di riportare l'interno della chiesa di Santa Cristina al suo antico splendore. Nei primi anni del 1900, accadde un giorno che la volta costruita in legno e canniccio intonacato incominciò a cadere, a causa della sua fragilità e di infiltrazioni d'acqua piovana penetrate dal tetto; si dovette abbatterla per evitare il peggio: apparve allora la struttura originaria della chiesa, con il caratteristico soffitto a capriate e, nella navata centrale, in alto a sinistra, comparve un affresco quattrocentesco, rappresentante San Giorgio che uccide il drago ed altri affreschi più in basso, sotto lo spesso strato di intonaco.
Fortunatamente, a quell'epoca, l'archeologo G.B. De Rossi ebbe modo di porre in rilievo l'importanza della nostra chiesa come monumento nazionale, per cui il Ministero della Pubblica Istruzione rivolse verso di essa il suo interessamento. Quando più tardi il Prevosto, monsignor Vannini, inviò una particolareggiata relazione al Ministero, questi decretò il restauro dell'interno della chiesa, affidandolo, negli anni '20 all'architetto Ignazio Gavina.